Ci aspettavamo tante parole, parole dette, parole scritte, tante parole…e invece…
Dal 7 al 9 maggio, in Hospice i volontari con Nicola Ferrari: tre giorni intensi, nati per ascoltare lui, ma rivelatisi, invece, una fortunata opportunita’ per imparare ad ascoltare noi stessi.
Difficile, lo facciamo quasi mai, ecco..avvicinarci a noi stessi, fare spazio dentro di noi e accogliere il dolore dell’altro. Attenti, di li’ a poco succedera’.
Tutti in cerchio, visi attenti, curiosi, ma ignari. Si parla di lutto, di scrivere nel lutto, come cura.
Questo lo sapevamo gia’, ma scopriamo che c’è dell’altro.
Diciamo perchè siamo lì, le nostre motivazioni, curiosita’, reale interesse per il metodo della comunicazione epistolare. Ma dopo un pò lo dimentichiamo il fine, il perche’.
Quest’esile omino dai capelli rossi, che ci sta davanti, ci sorprende: niente atteggiamento cattedratico, niente preoccupazione di scavalcare le nostre voci che si affollano disordinate, ma solo toni bassi, pacatezza E’ vigile, attento a carpire ogni piu’ piccolo nostro intervento, a stimolare domante, a farne lui stesso, scava dentro, chiede, e noi ci disponiamo ad un’apertura mai sperata. Perche’? Avvertiamo che gli interessa veramente ciò che abbiamo da dire e da dare, ci lascia parlare, fa’diventare noi, con le nostre singole storie personali, i veri protagonisti, si fa’ da parte e ascolta.
E mentre lui ascolta in silenzio, tu senti che è quello che devi imparare a fare: fare un passo indietro e ascoltare, che sia il racconto del vissuto di un malato, la storia del suo viaggio nella malattia, che sia la lettera di una persona in lutto, che scrive disperata perche’ non trova un senso alla propria vita. ASCOLTARE, accogliere e guardarsi dentro, specchiarsi in quel dolore finche’ quel dolore assume forme nuove dentro di te, e ritorna a chi scrive quasi con un movimento circolare, ma trasformato, arricchito e attenuato dal tuo desiderio di vicinanza e alleanza con la persona in lutto. E allora vengono fuori le parole: come un balsamo leniscono, accarezzano, abbracciano, riscaldano, sollecitano, accompagnano, ricostruiscono, guariscono.
Cosa c’era dentro di noi che ancora non sapevamo, non volevamo ammettere? Lutti non risolti, paure, rancori nascosti, amore dimenticato? Lì, in quel cerchio, sono diventati un tesoro da condividere. Ma, soli, come avremmo potuto? In un mondo rumoroso, arrogante, dove ha la meglio chi urla di piu’, quell’esile omino ce l’ha fatta, con il suo fare delicato, discreto, senza troppe parole, ci ha insegnato l’ascolto, quello di cui avevamo sentito tanto parlare, ce l’ha insegnato praticandolo proprio con noi. Tutto e’ andato al di la’ del metodo della scrittura, e’ divenuto accoglienza e condivisione. Grazie, Nicola.
Anna Lisa Nucara


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